Trovare fondi per la ricerca scientifica non è mai stato facile. Non lo è soprattutto in Italia, dove non vi è una cultura scientifica diffusa e le istituzioni sono abbastanza sorde alle esigenze della scienza.
Inoltre la crisi economica in atto sembra peggiorare la situazione e i fondi si sono ulteriormente ridotti.
Ma proprio grazie alla crisi e all’ampia diffusione di internet si è incentivato il fenomeno del crowdfunding, un processo collaborativo in cui più persone investono economicamente in un determinato progetto al fine di vederlo realizzato.
In cambio, gli investitori ottengono gloria e soddisfazione, ma anche benefit la cui natura varia a seconda del progetto e dell’organizzatore coinvolto.
A seconda dell’importo investito, si possono ricevere gadget o accessi esclusivi a siti web, o anche soggiorni e visite nei luoghi in cui si svolge il progetto. Come è intuibile, si tratta di un finanziamento dal basso, una sorta di microfilantropia del web 2.0.
Vi sono diversi siti di crowdfunding, sia italiani che stranieri. Ognuno ha i suoi punti di forza e i suoi punti deboli, e molti si stanno ormai specializzando in settori specifici di intervento.
Gli esempi riusciti di crowdfunding sono diversi. Uno dei più famosi riguarda il finanziamento popolare dell’acquisto delle “Tre grazie” di Cranach da parte del Louvre, attraverso il progetto Tous Mecenes (“Tutti Mecenati”). Sono stati raccolti un milione di euro per l’acquisto di quest’opera rinascimentale da un collezionista privato.
Ma esistono esempi di progetti antropologici finanziati attraverso il crowdfunding? Ne elenco alcuni che mi sembrano particolarmente significativi.
L’antropologo Marcus J. Hamilton, del Santa Fe Institute, ha raccolto tramite RocketHub, un sito di crowdfunding, i fondi necessari per testare uno strumento di monitoraggio e raccolta dei dati su popolazioni amazzoniche isolate., dopo essersi chiesto se era possibile studiare queste popolazioni e le loro culture senza influenzarle in qualche modo.
Matthew Piscitelli, dell’Università dell’Illinois a Chicago, attraverso il crowdfunding è riuscito a finanziarsi gli scavi condotti in Perù. Scavi che gli hanno permesso di compilare la sua tesi di dottorato.
Matthew ha fatto una semplice considerazione: di solito i finanziamenti arrivano da enti e istituzioni, privati o pubblici, che hanno già rapporti di lavoro con i ricercatori sovvenzionati. Il grande pubblico difficilmente viene a conoscenza dei progetti che hanno bisogno di fondi, tagliando fuori possibili investitori. Grazie ai social network è possibile diffondere queste notizie e avviare una campagna appositamente studiata per raccogliere finanziamenti. E così è stato.
Il progetto meglio curato, dal punto di vista del crowdfunding, è forse l’Ancient Roman DNA Project di Kristina Killgrove, antropologa presso l’Università della West Florida e curatrice, dal 2007, del blog Powered by Osteons. Il progetto mirava a studiare il DNA degli scheletri scavati dalle necropoli romane per studiare i flussi migratori nell’antichità.
Sempre attraverso RocketHub è riuscita a raccogliere più di 12.000 dollari attraverso una campagna ben congegnata fatta di divulgazione alla portata di tutti, video esplicativi e uso dei social network.
Il successo di Kristina è dovuto a una serie di fattori dovuti sia alla sua esperienza di divulgatrice sia a uno studio attento delle possibilità di finanziamento: ha variato i suoi comunicati a seconda dell’audience da raggiungere e di consuguenza ha ampliato l’offerta di benefit per gli investitori. E ha utilizzato diversi strumenti di comunicazione, includendoli a loro volta nell’offerta dei benefit stessi.
Kristina passava circa due ore al giorno a coordinare la sua campagna, aggiornando i blog, rispondendo ai finanziatori e diffondendo comunicati. Dalla sua esperienza è possibile ricavare alcune note di carattere generale:
- I progetti maggiormente finanziati sono per loro natura interdisciplinari;
- la loro interdisciplinarità attrae diverse tipologie di investitori, per cui è necessario pensare comunicazioni mirate;
- più il progetto è interdiscplinare, più è necessario variare i canali di comunicazione;
- non c’è ritorno se non si spende un tempo adeguato nel promuovere il proprio progetto.
Nel contempo, il crowdfunding ha delle conseguenze interessanti sugli stessi proponenti. Akshat Rathi ha cercato di sintetizzare questi aspetti in pochi punti su Nature:
- per lo meno negli Stati Uniti, i ricercatori che sono riusciti a ottenere fondi per la ricerca sono preferiti nella selezione del personale accademico (così è stato per Kristina Killgrove, che dall’Università di Vanderbilt è passata poi all’Università della West Florida);
- Il crowdfunding forza i ricercatori a ripensare il loro modo di comunicare, avvicinandoli alla divulgazione scientifica;
- Il crowdfunding si sta rivelando un ottimo alleato per l’open access e l’open science.
Funziona il crowdfunding? Non tutti i progetti la spuntano, come è comprensibile. Si tratta poi di un metodo pensato per finanziare piccoli progetti, delimitati nel tempo.
Bisogna anche dire che non tutte le piattaforme di crowdfunding sopravvivono. Qualche tempo fa accennavo al progetto italiano Open Genius, una nuova piattaforma di crowdfunding dedicata ai progetti scientifici e alla ricerca sociale. Mi è stato da poco riferito che il progetto è stato chiuso per mancanza di investimenti.
Ma per un’opportunità che non prende corpo ve n’è un’altra che nasce: ho saputo che dall’esperienza comunque acquisita di Open Genius è nata una nuova piattaforma negli Stati Uniti, Petridish, che ha trovato subito finanziamenti. A suo modo, il progetto continua.
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